Nel momento in cui avviene un crimine, l’ambiente circostante tende a raccontare una propria storia, offrendo indizi che possono rivelare molto su ciò che è successo. Al tempo stesso, coloro che si trovano sul posto lasciano anch’essi qualche segno del loro passaggio, involontariamente.
Questo scambio reciproco tra scena e persone rende fondamentale l’analisi di ogni dettaglio, come un singolo capello o un frammento biologico inaspettato, che può trasformarsi in campione genetico utile per risalire a chi ha compiuto un atto così drammatico.
Il ritrovamento di un capello rilevante
L’omicidio di Pierina Paganelli, avvenuto la sera del 3 ottobre 2023, ha portato i tecnici forensi a esaminare il vano vicino ai garage del condominio a Rimini, in via del Ciclamino, dove l’anziana vittima viveva. All’interno di quell’area, gli inquirenti hanno annotato la presenza di un capello, che figura nel verbale di sopralluogo redatto subito dopo il delitto. Non è certo se quel reperto sia stato effettivamente prelevato per analisi, ma durante la trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?” si è parlato con insistenza di questa traccia.
Altri oggetti trovati sulla scena, come un mazzo di chiavi che l’anziana sembrava stringere durante l’aggressione e un barattolo di cipolline sottaceto, risultano di fondamentale interesse per chi indaga. Questi elementi potrebbero custodire cellule epiteliali essenziali per identificare il responsabile, ma il timore è che non siano stati consegnati tempestivamente all’esperto nominato dalla procura, l’antropologo forense Emiliano Giardina.
L’esperimento giudiziale e le telecamere
L’11 febbraio si è svolto un “esperimento giudiziale” per confrontare la sagoma ripresa da una telecamera di videosorveglianza con la figura di Louis Dassilva, l’unico indagato, in stato di detenzione preventiva dalla scorsa estate. L’operazione ha previsto che Dassilva ripetesse più volte una breve camminata davanti alla Cam 3 della farmacia al piano terra del condominio, poiché l’occhio elettronico aveva registrato alle 22.17 del 3 ottobre un’immagine di una persona ritenuta sospetta dagli inquirenti.
Un vicino di casa, di nome Emanuele Neri, ha in seguito affermato di riconoscersi in quelle riprese. Per chiarire ogni dubbio, sia Dassilva sia Neri si sono sottoposti all’esperimento, vestendosi in modi diversi e procedendo a velocità variabili, in condizioni di luce mutabili. In base a quanto richiesto dai periti, è stata osservata anche la posizione particolare del braccio di chi camminava, dato che l’indagato potrebbe presentare un gesto ritenuto caratteristico.
Ipotesi sulle conclusioni e ostacoli delle indagini
Le prime indiscrezioni indicano che l’esperimento giudiziale abbia evidenziato una somiglianza tra la sagoma inquadrata e Dassilva, ma tali considerazioni restano ancora informali. Gli inquirenti potranno confermare o smentire questa corrispondenza solo dopo che i periti depositeranno la relazione definitiva, prevista in vista dell’udienza del 28 aprile.
Gli investigatori, però, devono affrontare un problema non da poco: la qualità delle immagini è modesta, con pochi pixel a disposizione per confrontare i volti e i movimenti delle persone coinvolte. L’esito finale dipenderà dalla precisione dell’analisi tecnica e dall’eventuale comparazione di altri riscontri, come qualsiasi traccia biologica raccolta sul luogo del crimine.